La Grecia vista con occhi latinoamericani

24.Jul.15    italiano
   

Con l’approvazione parlamentare del terzo memorandum si è concluso un altro capitolo del drammache sta affrontando la Grecia. L’entusiasmo suscitato dalla vittoria del “No” nel referendum è statobruscamente soppiantato dalla frustrazione causata dalla capitolazione di Tsipras.
Ma lo scioglimento del dramma non c’è ancora. Se la battaglia contro le misure imposte recupereràforza, rinascerà la speranza di resistenza nei confronti della trojka. L’esperienza latinoamericana dilotta contro gli stessi avversari fornisce tre insegnamenti pertinenti per la congiuntura greca:


La Grecia vista con occhi latinoamericani
Pubblicati su 23 luglio 2015 in Grecia
di Claudio Katz[1]
ripreso da Movimento operaio con la breve nota introduttiva di Antonio Moscato

Avevo messo subito questo articolo in lingua originale nella sezione Actualidad latinoamericana, ma mi sono reso conto che solo una parte relativamente piccola dei visitatori abituali del sitopoteva leggerlo, e Titti Pierini si è subito impegnata per tradurlo celermente. È un testo moltoutile per molte ragioni. Prima di tutto Claudio Katz è uno dei più prestigiosi esponenti del gruppo degli “economisti di sinistra” in Argentina, di cui è membro anche Guillermo Almeyra, con cui ho iniziato la documentazione sulla Grecia vista dall’America Latina. Tiene conto molto dell’esperienza argentina ma senza mitizzarla, e soprattutto legge la crisi greca all’interno di una crisi del capitalismo che si manifesta in forme diverse dalla Cina al Portorico all’Ucraina. Katz è severo verso le scelte di Tsipras come la maggior parte degli economisti seri, anche se non necessariamente “di sinistra” o “marxisti”, come Stiglitz o Krugman, su cui i difensori del“capitalismo reale” del genere di Federico Fubini ironizzano perché continuano a dare consigli inascoltati a Syriza, come li avevano dati ai sovietici affascinati dal capitalismo occidentale subito dopo il crollo dell’URSS. Constatare che assurdamente il governo greco non aveva un pianod’emergenza, come fa Krugman (e anche Katz) per Fubini sarebbe una mezza ritrattazione dell’appoggio al NO nel referendum! Fubini ha dedicato un’intera pagina del “Corriere della sera”di ieri ai “cinque miti greci”, creando in realtà molta confusione, per nascondere o svuotare disignificato fatti concretissimi, a partire da quello che ancora una volta gli “aiuti alla Grecia” inGrecia non arrivano se non in minima parte… (a.m.21/7/15)

Con l’approvazione parlamentare del terzo memorandum si è concluso un altro capitolo del drammache sta affrontando la Grecia. L’entusiasmo suscitato dalla vittoria del “No” nel referendum è statobruscamente soppiantato dalla frustrazione causata dalla capitolazione di Tsipras.
Ma lo scioglimento del dramma non c’è ancora. Se la battaglia contro le misure imposte recupereràforza, rinascerà la speranza di resistenza nei confronti della trojka. L’esperienza latinoamericana dilotta contro gli stessi avversari fornisce tre insegnamenti pertinenti per la congiuntura greca:
Primo: in situazioni critiche, direzioni timorate sono fatali. Occorrono dirigenti coraggiosi – come Fidel o Chávez – per cambiare la storia.
Secondo: si possono rifiutare le imposizioni del FMI, ma costruendo coscienza popolare in rotturacontro i banchieri, non illusioni di riforma dell’Eurozona.
Terzo: In piena catastrofe economica, è indispensabile sospendere il pagamento del debito, perriprendere fiato e recuperare la crescita.

Crudeltà premeditate

Nelle reti sociali è subito circolata la definizione netta del nuovo memorandum come colpo di Statodell’Eurogruppo. Un settimanale tedesco ha definito questo pacchetto “un catalogo di crudeltà”. È benpiù virulento di tutti quelli precedenti e comprende garanzie supplementari di “risanamento” fiscale.
Le imposizioni dell’avanzo primario per pagare il debito sono brutali. Si generalizza l’aumento dell’IVA,cresce l’età pensionabile e si eliminano i sussidi alle pensioni più basse. Si applica un gravame fiscaleanche alla piccola proprietà, trasformando le famiglie pauperizzate in inquilini delle loro stesseabitazioni. L’abolizione della moratoria degli sfratti facilita sloggi in massa.
Il nuovo programma restaura il neoliberismo feroce. Promuove la flessibilità del lavoro, incentiva ilicenziamenti e ridimensiona i contratti collettivi. Inoltre, liberalizza i prezzi dei prodotti di primanecessità e favorisce una devastante apertura commerciale.
Si reintroducono le privatizzazioni su grande scala. Complementare alla messa all’asta dei porti è lavendita della compagnia elettrica. Il denaro ricavato da questa spoliazione verrà affidato a un fondomanovrato dai banchieri. Hanno preferito supervisionare questa spoliazione da Atene, anziché gestirlanel loro paradiso fiscale lussemburghese. Si è messo in moto il vecchio piano tedesco diappropriazione delle isole più ambite dai turisti.
Il programma include una riassicurazione per costringere a mettere in atto tutto quel che si è firmato.Alla minima deviazione, si introducono sacrifici aggiuntivi. La sperata ristrutturazione del debitoscompare dall’accordo. Restano solo vaghe promesse di prendere in esame la questione in futuro,mentre il restringersi dell’economia aggrava il passivo.
Secondo le stesse stime del FMI, il debito balzerà in poco tempo dal 175% al 200% del PIL. Qualsiasifutura revisione di questo gravame consoliderà il trasferimento di proprietà al capitale straniero.
L’obiettivo esplicito di questa demolizione è stato quello di umiliare Tsipras. La Merkel lo spinge agovernare insieme alla destra e pretende di trasformarlo in un altro presidente social-liberista privo dilegittimazione. Spera di demoralizzare la popolazione, di distruggere Syriza e di facilitare il ritorno deiconservatori.
La durezza della trojka costituisce l’evidente vendetta per il referendum. Penalizza la sfida introdottada quella consultazione e ratifica il fatto che la democrazia è incompatibile con la dittatura dell’euro.L’Eurogruppo non tollera il risultato contundente di quel voto nel paese che fu la culla dellademocrazia.
Il nuovo memorandum seppellisce le ultime vestigia di sovranità, tra sformando il parlamento ellenicoin una succursale di Bruxelles. Tutte le iniziative legislative dovranno avere previa approvazione deicapi della trojka. I loro inviati opereranno la revisione dei conti pubblici e, come accadeva in Argentinanegli anni Novanta, convocheranno d’urgenza i parlamentari perché votino quello che chiedono loro.

Germania e Stati Uniti

L’impressione generalizzata è che l’inflessibilità monetaria tedesca sia il retaggio dell’incuboinflazionistico che ha preceduto il nazismo. Altre interpretazioni si basano sul dogmatismo economicoo sulla cecità politica.
Tuttavia, la rigidità della Merkel non è un capriccio, ma la risorsa cui ricorre la Germania per rafforzarela propria preminenza e per controllare i prossimi passi dell’unificazione fiscale e bancaria. Ricorre auna ricetta deflazionistica per assicurare il proprio primato esportatore e creditizio, attraverso unamoneta continentale forte.
La potenza tedesca ha bisogno di sostituire con artiglieria economica la sua inferiorità militare e la suadebolezza geopolitica. Non conta sulla sicurezza del Pentagono per incartare il mondo con i dollari edeve subordinare la Francia nella cogestione dell’Unione Europea. Questa superiorità è vitale di fonteagli imminenti negoziati per la permanenza della Gran Bretagna nella Comunità.
La Germania colpisce la Grecia per lanciare un avviso a tutti i popoli del Vecchio continente. Harifiutato per cinque mesi qualunque concessione a Syriza e tagliato liquidità alle banche greche percontrastare l’insubordinazione all’austerità regressiva e permanente.
Gli Stati Uniti intervengono in altro modo. Si muovono con maggior cautela e tengono conto dellepericolose conseguenze della distruzione della Grecia. Questo paese ospita quattro basi NATO, continua ad avere conflitti con la Turchia ed ha più sottomarini, aerei e truppe di tanti giocatori inquello scacchiere.
Obama ha ormai preso atto di come il fallito Stato di Libia abbia perso ogni controllo sui flussimigratori verso l’Europa. La Grecia è uno Stato tampone per l’immensa massa di profughi cheaffluisce dall’Africa e dal mondo arabo. Inoltre, è la strada del progettato gasdotto e sarà protagonistaattivo del nuovo sfruttamento del gas costiero.
La Grecia ha un voto chiave nell’Unione Europea. Se ricerca l’appoggio economico della Russiapotrebbe utilizzare queste risorse per colpire le sanzioni che l’alleanza occidentale sta applicando findall’inizio della crisi ucraina. Anche il Dipartimento di Stato si preoccupa dell’appetito cinese per i portidel Pireo.
Non solo questi pericoli spiegano le riserve di Obama di fronte alla virulenza tedesca. Gli Stati Unitidispiegano un doppio gioco, di sostegno alla trojka e di indebolimento del suo principale rivaleeconomico in Europa. Per questo motivo il FMI chiede alle banche tedesche di assumersi parte delfallimento greco. Propone la rinuncia a un 30% del passivo e un periodo di garanzia di 20 anni, acarico degli istituti tedeschi.
La generale destabilizzazione del Vecchio continente è il principale timore di Obama. Il dissesto grecomina la legittimità di un progetto europeo con un decrescente sostegno sociale.
La vittoria del “No” nel referendum ha riconfermato l’ostilità popolare per il modello di unificazioneneoliberista, frequentemente contestato nelle urne. Dal rifiuto nell’ultima grande consultazione(Trattato Costituzionale del 2005), questo malcontento è molto visibile.
La crisi ellenica si sviluppa entro un convulsivo scenario internazionale, che la Grecia potrebbesfruttare per far valere le proprie richieste. Ma approfittare di questo richiede il coraggio che a Tsiprasè mancato.

Capitolazione e raggruppamento

Il comportamento del leader di Syriza passerà alla storia come un patetico esempio di resa. Lacapitolazione è venuta a galla il giorno dopo la vittoria del “No”. Anziché rispettare il mandato di quelvoto, Tsipras si è imbarcato in una frenetica attività per il “Sì”, archiviando tutte le sue convinzioni.[2]
Per ingraziarsi i creditori, ha imposto la subordinazione della maggioranza vincente alla minoranzasconfitta. Ha convocato i destri in ritirata, ottenendo l’immediata accettazione parlamentare delprogetto di riforme elaborato da Hollande.
Una simile sottomissione non è bastata e la Merkel ha imposto una subordinazione più vergognosa.Tsipras ha allora approvato gli stessi testi che aveva denunciato per anni, mettendosi in ginocchio difronte ai nemici che aveva promesso di affrontare. Ha fatto esattamente l’opposto di tutti i leaderresponsabili verso i propri popoli, che hanno rischiato, scontrandosi con l’ordine imperiale.
Tsipras ricorre all’argomento: “abbiamo evitato il peggio”, senza spiegare in cosa consisterebbequesto male superiore. Ora giustifica l’“austerità dal volto umano” che ha contestato tante volte.Conosce, per giunta, l’inutilità del nuovo adeguamento.
L’economia greca è completamente esausta e non digerisce nuovi tagli. Il crollo del PIL è arrivato al 25% e la disoccupazione giovanile alla media del 52%. Si stima che il 45% dei pensionati e il 40% deibambini siano piombati al disotto della soglia di povertà.
La chirurgia fiscale già attuata in Grecia è superiore di due volte e mezzo rispetto al taglio operato inSpagna e nessun economista si azzarda a fare previsioni di crescita. Mentre si impadroniscono delpaese, i creditori continueranno a riscuotere da uno sportello quel che offrono da un altro.
Tuttavia, il nuovo memorandum può ridar vita alla resistenza sociale, che già si intravede negliscioperi del pubblico impiego. Staremo a vedere se la popolazione digerirà una svolta politica chelascia perplessi. Alla luce di quanto accaduto negli ultimi anni, vi sono margini per grosse sorprese.
La vittoria del “No” ha mostrato la straordinaria capacità di risposta di un popolo che, nel pieno dellachiusura degli sportelli bancari e di campagne intimidatorie, ha schiacciato le destre. Il 60% del rifiuto,che ha lasciato stupito il mondo, si è alzato all’85% tra i giovani.
Quella reazione ha posto in risalto un apprendistato maturato dopo tante estorsioni. La trojkaaggredisce da 6 anni e ha imposto 8 piani di austerità, attraverso 4 governi. La capitolazione diTsipras ha introdotto la delusione maggiore dell’intero periodo, ma non è il primo ricatto che affrontinoi lavoratori greci. Mentre i burocrati dell’Eurogruppo scrutano il paese come semplice colonia pervacanze, continua a risorgere l’eroica tradizione di resistenza alle occupazioni coloniali e ai nazisti.
Alcuni analisti paragonano il trauma che affronta la sinistra per la resa di Tsipras con l’emozioneprovocata dalla prima sottomissione della socialdemocrazia di fronte alle guerre interimperialiste.[3]
Anche questa analogia rileva l’attuale pericolo di capitalizzazione del malcontento popolare da partedei fascisti. Le squadracce di Alba Dorata hanno già un discreto patrimonio parlamentare e possonotrasformare l’impotenza governativa di Syriza in una grande tragedia.
Per questo urge ricostruire un polo di sinistra contrapposto alla capitolazione ufficiale. La rapidavisibilità di questo raggruppamento consentirà di contrastare la sfiducia generata dalla resa di Tsipras.
I primi indizi di questo polo già si intravedono nei 32 deputati di Syriza che hanno votato contro ilmemorandum, i 3 ministri defenestrati e il centinaio di membri del Comitato centrale che hannodisapprovato la capitolazione.
Ma la nuova fase esige anche una revisione dei programmi e delle strategie negoziali.

La mancanza del Piano B

Tsipras ha accettato il ricatto della trojka presentando l’uscita dall’euro come la fine del mondo. Hadetto che quest’uscita portava al degrado economico, senza contrapporre a questa eventualità losmantellamento creato dal restare nell’eurozona. Gli scenari di svalutazione, inflazione,impoverimento o mancanza di rifornimenti che si descrivono di fronte all’uscita dall’euro omettono unavalutazione del contesto attuale di agganciamento alla moneta comune.
Syriza è arrivata al governo inalberando la parola d’ordine decisa: “nessun sacrificio per l’euro”. Hadichiarato la propria disponibilità a conservare il paese in quest’ambito, ma senza le contropartitedell’austerità. In capo a cinque mesi di negoziati, è emersa l’incompatibilità tra i due obiettivi.
Anche la coalizione di sinistra si è opposta correttamente all’opzione di limitarsi a restaurare lavecchia dracma, come corollario del modello capitalista di svalutazione proposto da alcuni economistieterodossi (Krugman). Ha tuttavia contrapposto all’uscita la pura e semplice permanenza nell’euro,sperando di ammorbidirne la gestione all’insegna di quest’ultimo.
Questa aspettativa ha resuscitato i miti dell’europeismo benevolo, credenze che presuppongono chele istituzioni del continente unificato siano intrinsecamente progressiste, a prescindere dalla loroimpronta neoliberista.
Invece di mettere in questione queste illusioni, Tsipras ha mantenuto il cieco legame con l’euro,rinunciando a creare le condizioni per l’eventuale uscita dall’eurozona se si fosse mantenutal’imposizione dell’austerità. Si è soprattutto rifiutato di concepire un Piano B nelle trattative con latrojka.[4]

Su questo terreno, il contrasto con l’America Latina è istruttivo.
La sinistra di questa regione ha sempre guidato la battaglia contro l’adeguamento esigendo la rotturacon il FMI. Certo, le condizioni di lotta nelle due zone sono state diverse. Tuttavia, tra i settoriprogressisti latinoamericani si tiene fermo che la sovranità economica e l’autonomia degli organismifinanziari siano indispensabili per tenere a freno le prepotenze dei banchieri.
Ora si sa che la permanenza a qualunque costo nell’eurozona ha spinto Tsipras a rifiutare qualsiasipiano alternativo, presentato all’ultimo momento da Varoufakis. L’opzione includeva il controllo dellebanche per gestire l’emissione limitata di semi-monete complementari all’euro.
È importante la valutazione di ciò che è avvenuto in queste trattative, visto che la Grecia e la trojkatorneranno al tavolo delle trattative una volta verificata l’irrealizzabilità del nuovo accordo. Soltantodisponendo di un Piano B si può invertire l’estorsione e trasformare l’eventuale uscita dall’euro in unacarta a favore del debitore.
Vale la pena di considerare che un ritiro greco dall’eurozona costituisce un pericolo enorme per latrojka, che i banchieri nascondono con catastrofiche previsioni esclusivamente per la Grecia.Intimamente sanno invece che l’uscita potrebbe suscitare una generale convulsione finanziaria, se ilcontagio minaccia altre economie che sono sull’orlo della cessazione dei pagamenti.
Per questo motivo l’Eurogruppo ha anche proposto di discutere un “Grexit” ordinato, temporaneo eassistito. Intimorito dal ricatto della Merkel, Tsipras non ha neppure preso in considerazione una similepossibilità.
La Grecia può far valere a proprio favore il rischioso scenario che attornia il negoziato. La trojka ha pronto un protocollo di sostegno finanziario per le economie più colpite da un eventuale “grexit” (Cipro, Macedonia, Romania, Bulgaria, Portogallo. Ma non riuscirebbe a spegnere il fuoco se l’incendio siestendesse all’Italia, alla Spagna o alla sopravvivenza stessa dell’euro.
Il grosso dell’establishment tedesco ipotizza che una crisi del genere non colpirebbe le banchericapitalizzate a partire dal 2009. Altri settori, tuttavia, avvertono della permanente fragilità dei gruppifinanziari, in uno scenario internazionale di scosse borsistiche in Cina e di potenziale default in varipaesi (Portorico, Ucraina). Il punto più critico è lo squagliarsi dell’intero ciclo di elevatissima emissioneche ha preservato il livello di attività economica negli Stati Uniti e in Europa negli ultimi sei anni.
La Grecia potrebbe negoziare con un atteggiamento diverso se avesse pronto il pacchetto di misurerichiesto per uscire dall’euro. Alcune iniziative sono state elaborate e comprendono biglietti elettronicie un programma redistributivo di conversione monetaria.[5]

Il paragone con l’Argentina

Via via che la crisi ellenica si aggrava, recupera attualità analitica l’alleggerimento [del debito] seguitoal default argentino. Questo precedente conferma che la sospensione del pagamento del debito è lasola risorsa che ha la Grecia per mitigare l’asfissia della propria economia. Solo questa moratoriapermetterebbe di riequilibrare il negoziato ostile che il paese sta affrontando. Il precedente argentinodel 2002-2006 mostra come un alleggerimento delle erogazioni estreme consenta di utilizzare i fondidestinati ai creditori per la ricomposizione della domanda interna.
Certo, nel caso argentino, questo uso di risorse fiscali per incrementare la crescita comportò una baseregressiva (mega-svalutazione e liquefazione dei salari) e altri rischi della ripresa (valutazioneinternazionale delle esportazioni). Ma il precedente è utile per ricordare che la sospensione deipagamenti è una condizione inevitabile per uscire dal marasma.
Il governo kirchnerista suole diluire questo dato nella presentazione edulcorata del suo modelloeconomico. Presume che questo schema offra alla Grecia la ricetta per superare l’affanno attuale. Ilcalco, tuttavia, includerebbe due aspetti chiave – quali il cambio e il disindebitamento – cheannullerebbero quanto ottenuto con il risparmio iniziale dei pagamenti ai creditori.
L’interscambio di buoni ha convalidato la riduzione di un debito che era già svalutato e introdottoremissioni che andrebbero ricalcolate alla luce dei pagamenti aggiuntivi realizzati tramite il tagliando dicrescita. Il contenzioso in atto con i fondi “avvoltoi” illustra le conseguenze dell’accettazione didirimere le vertenze giudiziarie nei tribunali di New York.
La successiva decisione di pagare puntualmente gli impegni del nuovo passivo ha generato una fortede-capitalizzazione del paese. La serie monumentale di erogazioni (173 miliardi in un decennio) halogorato le riserve, colpito l’investimento e avviato la ripresa dell’indebitamento.[6]
La Grecia deve selezionare con cura quel che va ripreso dall’esperienza argentina. Questa continua acontare sulla possibilità di dichiarare una sospensione di pagamenti, prima di ricadere nel caoticodefault subito nel Cono Sur. Anziché ripetere la repressione che ha accompagnato il collasso,potrebbe ricorrere al sostegno popolare, con nuovi referendum che legittimino il recupero dellasovranità finanziaria.
In Argentina, le tracce fraudolente del debito furono cancellate con i cambi. Al contrario, in Grecia c’èstato il principale audit contemporaneo di un passivo discutibile. L’indagine ha rafforzato ladimostrazione provata della truffa perpetrata dalle banche per finanziare il proprio salvataggio. Larevisione apporta validi argomenti per confutare l’infame presentazione dei greci come un popolo di“irresponsabili spendaccioni”.[7]
La differenza tra la Grecia e l’Argentina messe in rilievo da vari analisti sono numerose, ma nondeterminano il risultato di una sfida alla trojka. L’Argentina non ha mai omesso il pagamento al FMI eaveva le sue obbligazioni distribuite fra molteplici creditori privati. Il passivo greco è stato statalizzatosotto diretta gestione dell’Eurogruppo e implica uno scontro politico molto più esplicito.
Anche il contesto internazionale stabilizzato del 2001-2005 contrasta con le turbolenze del 2008-2015. Il dramma che in Argentina si stemperò in un biennio in Grecia è ormai durato sei anni. Né èparagonabile un’economia esportatrice di generi alimentari con una periferia dipendente dal turismo. Ma le crisi capitalistiche che irrompono in scenari differenti spesso affrontano dilemmi analoghi.
La nazionalizzazione delle banche è un requisito per la soluzione popolare di questa convulsione. Nonfu necessaria in Argentina, ma è molto fattibile in Grecia. Lo Stato è azionista maggioritario deiprincipali istituti bancari e non vi sarebbe da fare altro che esercitare la propria primazia perricomporre patrimoni, revisionare portafogli e recuperare il denaro utilizzato in maniera dolosa.L’iniziativa potrebbe essere posta in atto insieme a una riforma fiscale progressiva, che sopprima iprivilegi degli armatori e della Chiesa ortodossa.
Nessuna di queste misure risulta nell’agenda della coalizione governativa. Syriza ha perso il sensodelle basi su cui si è fondata. Ha un leader che ha optato per i potenti e abbandonato i diseredati. Lasinistra ha bisogno di altre basi e di altra direzione.
La Grecia continua ad attrarre l’attenzione del mondo: Là si giudica la maggiore esperienza diribellione europea dalla rivoluzione portoghese degli anni Settanta. La nuova tappa post-Tsipras èlastricata di interrogativi, ma la sinistra può sicuramente contare sulla solidarietà latinoamericana.
(18-7-2015). Traduzione di Titti Pierini
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[1]Economista, ricercatore del CONICET, docente all’Università di Buenos Aires, membro del gruppoEDI. Suo sito web: www.lahaine.org/katz
[2] Cfr. Kouvelakis, Stathis, “De lo Absurdo a lo Trágico: Aquellos que dirigen Grecia y a su Izquierdaa rendirse deben ser opuestos”, 10-7-2015.http://www.resumenlatinoamericano.org. Italiano: StathisKouvelakis: Grecia. Dall’assurdo al tragico; Kouvelakis, Stathis, “Es hora de que el temor a la salidadel euro ya no nos asuste”, 12-5-2015.
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=198667.
[3] Approvazione dei crediti di guerra all’inizio della Prima Guerra mondiale. Mitralias, Yorgos, “Díasfunestos: Del 4 de agosto de 1914 alemán al 14 de julio de 2015 griego”, 16-7-2015, http://cadtm.org/.
[4] Le basi di una alternativa furono esposte, tra altri, da Lapavitsas, Costas. “El inminente paquete deausteridad”,19-6-2015, http://www.rebelion.org/noticia.php?id=200171.
Lapavitsas, Costas, “La solución óptima sería una salida negociada del euro”, 26-3-2015http://www.rebelion.org/noticia.php?id=196961.
[5] Cfr. Toussaint, Eric, “Grecia: alternativas frente a la capitulación”, 17-7-2015.http://cadtm.org.
[6] Katz Claudio, “¿Cuántos buitres acosan a Argentina?”, 1-7-2014,http://www.rebelion.org/noticia.php?id=186691.
[7] Rapporto “Auditoría de la Deuda Pública Griega”, 18-6-2015,http://www.auditamosgrecia.org/es/resumen-informe-deuda-publica-griega/. Italiano:Grecia: un debitoillegale, illegittimo e odioso
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